Dalla Champions League alle rotaie del tram: “Scaricato come un barile” | Oggi è costretto a campare così

La triste fine di un ex giocatore: è passato dalle gare di Champions League all’anonimato. Oggi è costretto a vivere in questo modo.
Cadere fa male, ma farlo dopo aver assaporato la cima della montagna, quella del successo economico e sociale, è un dolore che si moltiplica all’infinito. La fama svanisce in un lampo: nessuno più ti ferma in strada per un autografo, nessuno più ti chiede un selfie.
Il telefono, che prima squillava senza sosta, ora resta muto. La caduta di un atleta è particolarmente fragorosa e spietata. A volte, all’incapacità di gestire il talento che madre natura ha concesso, si aggiunge la totale mancanza di freni e visione. L’incapacità di vedere quel domani senza sport. E capita molto più spesso di quanto si immagini.
Ex calciatori, appena chiudono con la carriera agonistica, si ritrovano a fare i conti con una realtà che non avevano mai considerato. Le entrate crollano, ma le spese rimangono. Anzi, spesso aumentano. E così iniziano i problemi. Ma non finisce di certo qui.
Per molti la fine della carriera sportiva porta con sé un vuoto esistenziale che cercano di colmare in modi talvolta sbagliati. E’ un circolo vizioso che trascina giù, sempre più in basso, e che raramente lascia scampo se non si trova un appiglio in tempo e nel momento giusto.
La drammatica storia di Gianluca Sordo
La storia che vi raccontiamo riguarda Gianluca Sordo. Una banale discussione in un bar si trasformò in una tragedia per lui, ex calciatore con 117 presenze in Serie A, gare in Champions League e un Europeo vinto con l’Italia Under 21. Aggredito nel 2005, finì in coma e da allora la sua vita cambiò per sempre.
Una lunga riabilitazione, il ritiro anticipato dal calcio e conseguenze che ancora oggi si porta dietro. Dopo quella violenza, il mondo del calcio lo mise da parte, segnando profondamente il suo percorso. Sordo, al Corriere della Sera, ha parlato così della sua esperienza: “Il calcio? Mi ha dimenticato, nessuno si è degnato di chiedermi se fossi vivo o no, solo gli ex compagni.

Sordo ripercorre la sua esperienza
Maldini, Savicevic, Boban, Baggio, non meritavo di stare in mezzo a quei campioni. Avevo ancora un anno di contratto con il Torino, dove avevo vinto la Coppa Italia. Potevo usare l’interesse di rossoneri come leva per un rinnovo e diventare una barriera. Ma il mio procuratore, Oscar Damiani, badò più alla sua parcella che al mio interesse.
Avevo 24 anni, ti chiama un club così, come facevo a dire di no? Doveva essere lui a farmi ragionare. Dopo 10 anni di procura mi ha scaricato sulle rotaie del tram, a Milano, come un barile. Ormai ero diventato un pesce troppo piccolo per lui. Rispetto e valori mancavano anche nel calcio di allora”.